domenica 14 marzo 2010

Mentre Benedetto XVI difende una certa tradizione, l'ex arcivescovo di Milano apre ad argomenti delicati.

Leggo un interessante articolo di Igrazio Ingrao che mette in relazione il pensiero di due personalità fondamentali per la Chiesa cattolica di oggi, il Pontefice in carica Benedetto XVI e l'ex arcivescovo di Milano Carlo Maria Martini, biblista.

Essi hanno la stessa età, 82 anni, entrambi professori, uno biblista, l'altro teologo precisa Ingrao.

Uno successore di Ambrogio, l'altro di Agostino. Si sono già affrontati nel conclave dove Ratzinger ha ricevuto 47 voti e Martini 9 alla prima votazione. Poi i suffragi per l'ex arcivescovo di Milano sarebbero confluiti per l'elezione di un contratello gesuita Jorge Mario Mergoglio (35 e 40 voti alla 3° e 4° votazione) finchè Martini avrebbe dato via libera a Ratzinger eletto con 84 suffragi alla quarta votazione come afferma la rivista Limes.

Oggi la loro visione su diversi delicati temi appare però contrapposta. Ratzinger difende la tradizione che lui conosce, condanna la secolarizzazione, mette al centro del suo magistero papale le verità della fede e l'annuncio di Dio. Martini scrive invece su "Il Corriere della Sera" dove una volta al mese, nonostante la sua malattia (affezione al morbo di Parkinson come Wojtyla), risponde a decine di lettere, enuncia spiegazioni teologiche, morali, fornisce consigli.

Il celibato dei preti per martini è frutto della tradizione, ma i divorziati e risposati vanno accolti in Chiesa. Risponde anche ad altri temi delicati, la pillola, la lotta all'Aids, l'eutanasia. E' autore di un volume "Conversazioni notturne a Gerusalemme".

Entrambi, Ratzinger e Martini possono contare su sostenitori e detrattori come ricorda Ingrao su Panorama, cardinali e giornalisti di riferimento. Anche i politici sembrano schierarsi con l'uno o l'altro.

Martini conserva gelosamente il telegramma che Ratzinger gli ha inviato per i suoi 80 anni e bello è, oltre a tutto l'articolo, anche la conclusione di Ingrao: "Avversarsi sì, ma entrambi numeri uno al servizio della Chiesa".

L'Icona: immagine dell'invisibile

sabato 13 marzo 2010

Il matematico superficiale più che impertinente

Mi accingo a scrivere questo post certamente non a favore del matematico Piergiorgio Oddifreddi. Rilevo con amarezza che è uscito un libro "Perchè non possiamo essere cristiani", che manifesta una notevole mancanza di conoscenza teologica, storica, simbolica, allegorica e morale, volume nel quale l'autore vuole sostenere, con un atteggiamento tra le righe per nulla velato di ironica arroganza, che "Non possiamo essere cristiani" ed enfatizza questa tesi con uno spirito di battute, a mio avviso, ai limiti del ridicolo, che certo trova apprezzamenti in chi, come lui, superficialmente vuole analizzare con estrema leggerezza l'ambito spirituale e la complessa e profonda storia ad esso legata e modalità di trasmissione della Tradizione ora evidente ora velata. Che scempio che un divulgatore inondi la società di informazioni le cui tesi sono oltre che opinabili, sostanzialmente formali e spesso fallaci. Per fortuna esistono numerosi altri autori che hanno commentato gli scritti di questo "autore" moderno, in particolare il professor Paolo Martino, Arrigo Levi, Ettore Canepa e più recentemente Ratzinger. Scrivo queste parole nella speranza che in futuro altri divulgatori religiosi, storici, scientifici, si documentino e si sforzino di vivere la spiritualità prima di accingersi a prendere carta e penna e scrivere, pubblicare, ridicolizzare; questo per evitare di finire poi, nei confronti di chi sa un minimo leggere e interpretare la storia, di ridicolizzare in realtà sè stessi disinformando invece che informando i lettori.
Questo volume di questo matematico dunque non è neppure classificabile, basato su di una logicità incapace di comprendere la reale e complessa natura degli eventi, ridicolizza in realtà la figura stesso dell'autore di fronte a chi un minimo conosce i modi profondi dell'interpretazione sacra nelle varie religioni, ma certamente ingannerà molti.